Come ormai tutti sappiamo la moda “gira”, e vecchi gusti tornano a galla sulle passerelle dopo anni. Ma non lo fanno allo stesso modo.
Da diverse stagioni è riemersa questa tendenza di allargare i volumi dei nostri capi, partendo dai pantaloni, ampi con pence, poi ai maxi piumini in nylon, fino ad oggi, che per seguire l’hype del momento dovremmo avere un armadio pieno di indumenti casual-street.
Di articoli simili negli anni passati ne abbiamo già visti, soprattutto negli anni 90, dove il casual anche trasandato oltre che street era la novità più seguita. Ma i volumi oversize nascono da diversi anni prima, cappotti mastodontici negli anni 50 e 60, pantaloni lunghi e larghi in lana con pence, trench e cappotti in pelle lunghi quasi fino ai piedi negli anni 80, fino agli anni 90, dove la scena gangsta rap americana si era impadronita del concetto di largo.
La differenza sostanziale fra passato e presente è che circa 30 anni fa questi volumi ampi sono nati, non per volontà dei brand che dettavano legge, ma per l’interesse generale da parte delle “nuove” generazioni. Pochi anni prima il rap si fece strada piano piano con le sue innovazioni, che variavano dalla musica all’abbigliamento e nel giro di poco più di 10 anni ha invaso tutto il mondo fino a concentrare l’interesse giovanile per la musica underground per lo più su questo stile, rimasto al centro di discussioni etico-razziali per anni. Solo da relativamente poco è stato abbandonato il concetto di inlegalità pensando al mondo della musica rap.
Oltre alla scena rap pure le culture rock hanno avuto la loro parte. Rivolti più verso stili trasandati partendo dal punk degli anni 80, con jeans strappati, poi i maglioni e cardigan di Curt Cobain che solo a nominarli torna in mente tutto il grunge di quei tempi. Guardandoci intorno oggi possiamo capire quanto abbiano influito sulla moda.
Sembra che ancora solo alcune generazioni riescano a percepire il piacere nel indossare capi casual dal fit oversize, non sto dicendo di tornare agli anni 90, con jeans di 3 taglie più grandi, lunghi il doppio delle nostre gambe, ma credo che solo chi abbia vissuto quel periodo, quella musica e quei gusti possa comprendere a pieno questa tendenza.
Personalmente, essendo nato in Italia a metà anni 90, vedere importanti collezioni recenti riallargarsi e prendere un tono più facile, per non dire normcore, è stato un sogno. Come dicevo prima non abbiamo rievocato il passato, ma ricostruire qualcosa di così importante su basi nate dal gusto della natura umana, e non su quello che altri dettano, è stata un piccola soddisfazione, anche per dare l’ennesima prova a chi tuttora rifiuta la cultura rap, che quest’evoluzione è importante da ogni punto di vista. Ma non divaghiamo, stiamo parlando dei fit over.
Oggi è possibile trovare tali capi praticamente in ogni brand che si rispetti, dalla nota Stussy ai marchi più famosi come Louis Vuitton, influenzato dal nuovo e conosciutissimo direttore creativo Virgil Abloh, patriota dello streetwear. Ma il primo grande direttore creativo ad aver miscelato tale gusto con le case di moda più importanti si può dire sia stato Demna Gvasalia con Vetements e Balenciaga. Questa volta però i volumi over del luxury streetwear vengono accompagnati dalle tradizioni couture e questo ha generato nuove creazioni stupefacenti e mai viste prima.